lunedì 30 novembre 2015

Intervista Zaira Lucariello, autrice della trilogia “In Equilibrio” - Alberto Zuccalà






“L’ispirazione, le “voci di dentro” e la trilogia”
La storia di Nike ha visto la luce in modo poco convenzionale: mi misi al computer e iniziai a scrivere le prime parole che mi vennero in mente, senza avere la più pallida idea di che cosa volessi creare.
Non so spiegare com'è venuto fuori il caos intricato di questa storia... Per quanto mi riguarda, ho semplicemente offerto a dei personaggi straordinari la possibilità di raccontarsi.
È stato un incontro forte, mi ha cambiata profondamente, e la cosa più incredibile è che io non avevo alcun potere su di loro: quante volte mi sono detta: “No, questo non posso scriverlo”, oppure “Come puoi fare questo? Sei una persona orribile!”, eppure, alla fine non ho mai voluto porre alcun veto alle loro personalità… È grazie a questa veridicità, questa prepotenza sentimentale, che ognuno di loro lascia un segno nell’animo del lettore.
La cosa più bella di essere un autore sta proprio in questo: sei completamente nelle mani dei tuoi personaggi, ti tocca solo scrivere, in modo da poter permettere a tutti di vivere un viaggio unico che spezzi un po’ la grigia monotonia del quotidiano.
“In Equilibrio” è la storia di una grande avventura che tocca diversi temi, da quello principale della ricerca (e scoperta) di sé, fino a quelli dell’amore e della guerra.
Una protagonista un po’ sfortunata e troppo passionale si troverà coinvolta in una vicenda incredibile che capovolgerà la sua esistenza, gettandola in un vortice soprannaturale di demoni, colonie semi-immortali e apocalissi imminenti. Credo sia questo il punto più sconvolgente di tutti: la distorsione del quotidiano, ciò che tutti noi sogniamo attraverso pagine avorio e storie fantastiche.

“La scelta dell’Alaska: meraviglia naturale e metafora atemporale”
Reputo l’Alaska uno dei posti più affascinanti del mondo, uno dei pochi che ancora resiste all’attacco impietoso dell’uomo, dove la magia della natura regna sovrana. Le aurore boreali ne sono un esempio.
Con il formarsi del racconto, ha poi assunto diversi significati simbolici, in particolare attraverso le realtà di Kenai e Cold Heaven Mountain: da un lato, la vita che emerge in tutte le sue bellezze multicolori (a Kenai, infatti, la neve si incontra con la vegetazione rigogliosa e l’oceano), dall’altro, una dimensione eterea, dove il freddo ha bloccato il tempo (la storia dei guardiani ne è un esempio lampante) e anche la storia, in quanto il conflitto tra Bene e Male ha accompagnato e accompagnerà per sempre l’umanità.
Le loro siedi risiedono allegoricamente a Kenai, in questo posto sì di forte impatto visivo, ma soprattutto un vero e proprio regno del gelo che ha cristallizzato questo continuo scontro.


“Il perché del Fantasy”
 Ho scelto questo genere sia perché è il mio preferito, sia perché è in grado di donare ciò che tutti vogliono da un libro: evasione.
La vita quotidiana la conosciamo tutti; una storia deve provare a dare qualcosa di più, deve farci vedere e sentire ciò che nella nostra routine non possiamo sperimentare. Perciò, di norma, quando scrivo, l’impossibile diventa sempre realtà.
Inoltre, proprio per una tematica così delicata e ampiamente già trattata come questa, c’è bisogno ogni volta di riesaminare le parti e di riguardarle con un occhio completamente nuovo.
Quando ho deciso di “rendere fantasy” la vicenda, sono andata incontro a un periodo di blocco di tre mesi, finché una mattina mi sono svegliata e ho riempito un intero block notes con tutte le risposte che mi mancavano: lo scheletro della storia era pressoché compiuto e, ancora una volta, in modo insolitamente naturale.
Credo che il Bene e il Male siano dimensioni senza tempo, versatili a lasciarsi rappresentare in modi sempre nuovi, e perciò mi sono divertita molto a rappresentarle in una crasi tra medioevo e tecnologie moderne (nel testo si parla di spade e metodologie arcaiche, ma anche di moto e abiti alla moda).


“I tre capitoli della storia”
Tutti i titoli rappresentano un “turning-point” della storia, soprattutto in riferimento a Nike.
I tre titoli incarnano il percorso compiuto da tutti i personaggi coinvolti, poiché tutti loro sono coinvolti in modi e forme diverse nella ricerca disperata dell’equilibrio.
“Risveglio” in particolare ha molti significati: è il risveglio dell’eroe di Cold Heaven Mountain, un personaggio che in nessun modo ci si aspetta di ritrovare in quella veste, ma il titolo, nell’ultima parte del racconto, si riferirà nello specifico, e nel suo senso più pieno, a un risveglio dell’anima che interesserà direttamente la protagonista.
I personaggi sono cresciuti molto, così com’è cresciuta la mia penna durante gli anni di lavoro a questo progetto: Nike ha acquisito più consapevolezza di se stessa, dei suoi sentimenti e di ciò che vuole dalla vita. È una ragazza che ne passa di tutti i colori e molti lettori l’hanno criticata per il suo carattere, talvolta immaturo. È lei senza dubbio il personaggio più complesso, perché non è in grado di domare se stessa: ci prova, ma non sempre riesce a capire ciò che vuole, né tantomeno ciò che è giusto fare.
Sicuramente in questo secondo capitolo gli eventi la renderanno più coraggiosa e conscia del suo io, ma il percorso per raggiungere un equilibrio per lei sarà ancora lungo.
Infine Cedric, il secondo protagonista maschile, rimarrà il solo punto cardine della vicenda, uno dei pochi personaggi che mantiene la sua maturità e le sue convinzioni lungo tutto il corso della narrazione, sia in positivo che in negativo.
In breve, ognuna delle loro personalità testimonia qualcosa da imparare e qualcosa da evitare.
 
 “Scrittura e musica”
Questo insolito connubio nasce dal fatto che, ogni volta che scrivo, “vedo” le mie storie scorrermi davanti agli occhi come un gran bel film.
Sono appassionata di musica strumentale, secondo me è l’ideale strada a metà tra musica e silenzio, perché ti entra nella mente senza troppa invadenza, perciò generalmente inizio da quella.
A volte sono così presa dalla musica, che scrivo a occhi chiusi, cercando di immergermi nella scena che sto descrivendo: la melodia mi aiuta a entrare meglio nel cuore dei miei personaggi e spesso mi fornisce le parole necessarie a chiarire il tumulto sentimentale che i protagonisti mi fanno vivere.
Per questo motivo ho lasciato la mia colonna sonora ai lettori, affinché anche loro potessero godere di un “quadro emozionale” completo delle diverse situazioni.

“La chiusura del cerchio: l’espiazione”
“In Equilibrio” è la storia di un viaggio, nella vita e nell’anima, pertanto nell’ultimo capitolo era necessario stemperare la negatività e i dolori che la protagonista si è scarrozzata dietro per tutto il tempo; tuttavia, come in “Risveglio”, anche “Espiazione” si riferisce a due significati diversi, e a due personaggi diversi della saga. Entrambi si esplicano in senso fortemente liberatorio, attraverso una tragicità estrema, ma a sua volta generatrice di una rinascita unica nel suo genere.
Anche la religione ha un ruolo importantissimo in tutto questo, ma nonostante la mia esplicita appartenenza al credo cristiano, la fede che ho voluto far trasparire dai miei testi abbraccia un significato ben più universale: i valori dell’amore, della pace, della famiglia, della giustizia e dell’onestà.
Credo che debbano essere simbolo di umanità, oltre che di una qualsiasi religione.




venerdì 27 novembre 2015

"Quando l’energia diventa trasgressione emotiva e ribellione universale. Incontro con la pittrice Cristina Sodano" di Monica Pasero - Alberto Zuccalà






A Oltre Scrittura, una giovane artista che tramite le sue sferzate di energia e colore  riporta  su tela opere  singolari di grande comunicazione visiva. Ospito con piacere la pittrice Cristina Sodano .

Non sono una critica d’arte e sinceramente le parole della critica lette nella biografia dell’artista, non mi sono arrivate, anzi hanno deviato fortemente il mio pensiero. Allora mi sono messa osservare i suoi lavori senza elementi didattici per comprenderli e sta qui la magia e bravura di chi fa arte,: riuscire a trasmettere a tutti le sue emozioni, senza bisogno che quest’ultimi siano critici o studiosi dell’arte. Ebbene osservando alcune sue opere, mi sono accorta che predilige il nudo di donna e riporta su tela i  suoi modelli in modo del tutto singolare. Emerge questa sensazione di chiusura alla vita.   La donna oltre alle barriere della nostra società, quasi a dissociarla, proteggerla  da ciò che è la vita e portarla in una dimensione irraggiungibile  al nostro sentire. Barricandola in forme  appuntite come cunei, sbarre, vetri  e se osserviamo bene  non è lei a essere imprigionata,  ma noi, i nostri sguardi che scrutano una  donna libera che  viaggia già oltre al nostro giudizio.

Sono quasi sempre  figure di nudo, dove pervade la purezza della natura, dove la donna si esprime liberamente senza pudore.  I colori sono forti, sintomo di ribellione, di rabbia, di cambiamento. Le linee trafiggono la figura senza mai  ferirla,  ma sottraendola al mondo che la circonda, portandola  oltre al confine dell’ imposto. 


Ringraziandoti di essere qui ti chiedo subito: quando hai compreso l’esigenza di esprimerti tramite il disegno?

L’esigenza di esprimermi, attraverso il disegno, l’ho sentita verso i 
10 –12 anni, non espressa in ambito scolastico, ma nei miei momenti di solitudine

Il tuo percorso di studi senza dubbio ha aiutato a diventare l’artista che sei, ma secondo te, la tecnica può sopperire alla mancanza di talento o viceversa?

Solo la tecnica senza il talento serve a ben poco, in quanto il talento è una particolarità insita nella persona che porta a tirare fuori da ognuno di noi un essere unico e irripetibile. Però, il talento senza il supporto della tecnica (che ritengo debba essere assolutamente personale) può perdere di efficacia. In realtà la tecnica prende corpo nel momento in cui si mette in esercizio il talento ( in questo caso riferito alle espressioni artistiche e manuali).



Come detto in precedenza, vedo la tua predilezione nella figura femminile, c’è un messaggio dietro queste tele, se sì quale?
 Il mio messaggio attuale è nella rappresentazione di questi corpi femminili, con

architetture, vetri rotti, elementi che imbrigliano i corpi stessi in una “prigione”, bloccando le immagini. Una trasposizione del io femminile.  Ostaggio della sua stessa natura e della superficie sulla quale è rappresentata. In realtà non sono solo le immagini a essere bloccate e prigioniere di architetture che come gli artigli di un drago cercano di toccarle e frenarle nei movimenti, ma siamo anche noi spettatori che dall’altra parte della tela restiamo bloccati dai nostri stessi pensieri e azioni.

Hai un artista contemporaneo o meno a cui ti ispiri ?
 Nel tempo mi sono ispirata a molti artisti del Novecento ma anche  Contemporanei, in particolare modo agli Impressionisti e altre  correnti avanguardiste.

Tramite la tela riporti alla vita sensazioni, emozioni anche ribellioni di questo nostro vivere. I colori ne sono testimone, quale tonalità prediligi e perché?

Escludendo gli ultimi lavori, in cui il colore è poco presente, in quanto sto attuando una saturazione cromatica, nel passato ho usato spesso i colori primari nelle varie tonalità e i cadmio, anche per la mia predilezione ai dipinti dell’Espressionismo, ho sempre amato i colori molto forti e accesi perché esprimono, secondo me, al meglio le passioni controverse che vivono nell’animo.



 Per chi fa arte, l’arte diventa parte integrante della nostra quotidianità, anche nelle piccole cose riusciamo a percepire un’emozione, un’idea che ci porterà a comporre o nel tuo caso dipingere. Da dove cogli la tua massima ispirazione?
La colgo dal quotidiano, dal mio vivere il presente a livello emozionale. La colgo da una frase, un pensiero letto su di un testo di poesia o narrativa



Se potessi prender un’opera d’arte e rifarla quale sceglieresti?
Sinceramente nessuna. Rispetto in generale il lavoro altrui e quando un’opera riesce a trasmettere un messaggio, vuol dire che funziona.  Per cui non riesco a pensare di rifarla da capo , soprattutto un’ opera d’arte conosciuta e contestualizzata nel suo periodo storico

Oltre ad un’eccellente artista chi è Cristina Sodano nella vita di tutti i giorni?
Nella vita di tutti i giorni sono una donna che fa la mamma, una donna che vive di paure, nevrosi, emozioni con la sua voglia di vivere e sognare.

Progetti futuri?
Desideri futuri più che altro. Come progetti sicuramente,  due o tre mostre, la realizzazione di un catalogo con i lavori degli ultimi anni e creare nuovi dipinti.


 Giungo alla mia ultima domanda: quanto è importante nella tua vita il sogno?
Nella mia vita il sogno è stato più che importante, è stato fondamentale! In questo ultimo periodo  ho  perso un po’ la  capacità di sognare, ma  sto cercando di recuperarla.

Intervista a cura di Monica Pasero per il sito Oltre scrittura liberi pensatori crescono

giovedì 26 novembre 2015

La pittura appassionata dell'artista Cristina Crestani - Alberto Zuccalà



_Ciao Cristina,benvenuta,puoi dirci come è nata la tua passione per la pittura?

     Ero adolescente quando ho scoperto che amavo osservare la forma degli oggetti,i visi delle persone e disegnarli.

_Dipingi da allora?

     Ho sempre disegnato,dopo le scuole ho iniziato a dipingere,la pittura mi ha accompagnato in tutte le fasi della vita.

_C'è un motivo speciale per cui è così ìmportante per te la pittura?

     Sono un'introversa e sognatrice,mi sono sempre sentita inadatta alla realtà.Per me dipingere vuol dire rifugiarmi in un mondo mio,
     costruire sulla tela una realtà serena e umana.

_Quali sono le tue tematiche?

     Dipingo ideali e sogni,tenere madri,figure femminili,circhi,giocattoli,un mondo simbolico ricco di figure mitoligiche.
     Credo  che la realtà che viviamo così piena di tensioni e conflitti abbia bisogno di immagini rasserenanti,gioiose che parlino all'intimo e riescano       
     a far riflettere.

 

_C'è qualche autore a cui ti ispiri?

     Trovo affinità con autori del 300-400 italiano,Giotto,Simone Martini,Pisanello,Piero della Francesca per il loro lirismo,la sintesi della forma,
      il gusto della linea e la semplicità,per il loro parlare della dignità dell'uomo e della sua spiritualità.Amo per gli stessi motivi autori del primo novecento
      quali  Carra, Donghi e lo scultore Arturo Martini.

_Perchè ti interessi di giocattoli e di miti?

     Riproducendo oggetti  sui quali durante l'infanzia si concentrano sentimenti ,desideri,fantasie ripristino sulla tela una dimensione sospesa,incantata.
     E' una dimensione"altra" diversa da quella normale,quella dell'immaginazione e della fantasia.Con il mito si entra nell'infanzia dell'uomo,
     quando con il racconto fantastico si cercavano le ragioni dell'esistenza , si raccontavano le storie avvenute nel tempo sacro degli inizi.
     Sia nei giochi che nei miti si entra in una dimensione intima.

_Credi che la tua pittura sia attuale?

     Penso che la mia pittura proponga temi universali attuali in ogni tempo.Parla dell'uomo dei suoi sentimenti,delle aspirazioni più profonde ,della cultura.Sotto un'apparenza facile   sottende il mondo simbolico,apre a contenuti inconsci.Direi che la mia è una pittura dell'anima e della poesia.

_So che hai scritto un libro.


    Si.TEMPO PERDUTO_TEMPO RITROVATO .Si tratta di un saggio sui pittori storici che hanno dipinto giochi e giocattoli e una veloce esposizione sulla storia
     e sulla antropologia dei giochi.

mercoledì 25 novembre 2015

TESTA-MENTI, l'artista Marco Gubellini nelle parole di Marianna Agostino - Alberto Zuccalà




Raccontare se stessi. Ognuno potrebbe parlare di se descrivendo le ansie, le paure, le angosce che dispiegano gli scenari in cui fluttuano i propri sogni. Vale per tutti, ancora di più per chi racconta se stesso attraverso le incursioni in campo artistico e fa delle sue ossessioni la prima  materia di cui si compongono le sue opere. Marco Gubellini, con le sue foto composizioni aveva già messo in guardia lo spettatore. Lì, replicando se stesso, giungeva a estreme conclusioni circa la difficoltà di trovarsi, inquilino tra i tanti, a condividere pensieri e modi di vivere. Con le installazioni, il percorso già avviato si traduce in aperta dichiarazione di intenti. Qui il resto del mondo è raffigurato nella sua varietà, il narcisismo dell'autore contenuto nei limiti e nelle limitazioni dell'oggettiva rappresentazione , almeno così in apparenza. Ma chi conosce i lavori di Gubellini sa che il gioco preferito dell'autore è sempre quello di prendere poco sul serio le avversità della vita. 

Ecco allora che il suo immaginario, se da un lato guadagna la terza dimensione, dall'altro perde consistenza fisica e denuncia, nel disfacimento dell'aspetto ridotto ai minimi termini, la perdita di "coscienza" di sè. Gli uomini non sono compiuti in se stessi, traggono alimento da altri uomini ( e non è un'operazione indolore) o dalla cultura /coltura dei libri. Ma ogni stimolo esterno, di qualunque natura esso sia, richiede consapevolezza , altrimenti è come vivere con un paraocchi e osservare sempre la stessa angusta porzione di muro. Sembra facile, scegliere di abbeverarsi dalle teste che pensano più in alto o attraverso le radici capaci di spingersi dentro le viscere più profonde, ma dentro ogni desiderio di riscatto, il demone del bambino onnipotente che ciascuno di noi è stato, affiora e ci costringe a riconsiderare cosa sono gli altri per noi.
Ed è con la stessa freddezza chirurgica e al contempo con una componente ironica spiazzante, che l’autore tratta temi di valore più sociale e fortemente attuali, come la tematica terroristica e la ancor più ribadita tematica sul nutrimento planetario.

Marianna Agostino

lunedì 23 novembre 2015

Personale di Francesca Panico dal titolo “Napoli è pietra e sballo” - Alberto Zuccalà





 Nelle ampie sale espositive del Castello Ducale di Corigliano Calabro, adibite a museo di arte contemporanea, si svolgerà dal 14/11/2015 al 05/12/2015 la Personale di Francesca Panico dal titolo “Napoli è pietra e sballo”.
Curata dal critico Gianfranco Labrosciano, s’ interesserà a sviscerare attraverso un linguaggio segnico, tipico di una pittura non figurativa che si vale di particolari segni grafici, ed informale, escludendo ogni forma tradizionale e cercando di esprimere le forze e le suggestioni della materia con la presentazione di libere associazioni, “le atmosfere, l’humus e l’ambiente del paesaggio napoletano, sia naturale che urbano”.

Dice il critico: mi piace molto Francesca Panico. Rifiuta l'omologazione e il livellamento, crea eventi mediatici e mette fuori gioco i mediatori dell'arte che di fronte a lei - e alle sue azioni - non sanno che pesci pigliare. Si proclama artista autonominandosi,senza avvertire il bisogno delle "persone qualificate"a giudicare se la sua sia arte o meno. E questa è una straordinaria capacità, che destabilizzando e demolendo un sistema obsoleto - quello dell'arte - abbatte molte frontiere e prospetta nuovi orizzonti per chi ha voglia, come lei , di mettersi in gioco....

ho conosciuto Francesca Panico, che Napoli la vive e la abita con la sua arte come fosse un vestito, una seconda pelle che respira e trasuda l’intima essenza di cui la città è intrisa, con tutto il suo folklore e il suo splendore, la sua grandezza, la sua terribilità e la sua dolcezza, a cominciare dalla materia pittorica arroventata, arrovellata, solcata, attraversata da quel dolce furore vitale, esuberante eccessivo, che mi è parso di scorgere solo a Napoli e che duplica in festa e in scialo, nell’orgia della baldoria e dell’allegria la tragica e spesso dolorosa condizione della vita”. L’artista indaga continuamente sulle cause del “mondo gettato”, toccando e prendendo contatto con le sensazioni, “gli inamovibili relitti d’inquietudine”, e contemporaneamente elabora nel mistero “una storia degli uomini, dei popoli e delle cose”.
Conclude il critico: “La specificità dell’arte di Francesca, allora, non è quella, così mi pare, di inventare un soggetto o trovare una configurazione, ma lo sforzo di dare forma a concetti percettivi di un contenuto particolare: l’ambito di una prospettiva lunga, fondatamente astratta, che assume l’identità e la condizione come forme stesse dell’operare estetico, l’immagine dell’abitare una maschera o un calco in gesso per rimanere, alla fine, privi di una qualunque forma con l’intento rappresentarle tutte”.

Nel corso dell’inaugurazione, sono stati proiettati due “Videoart” dell’artista. “Terra dei fuochi” dove l’artista, con semplicita’ e amore, riesce a raccontare con la sua arte tra i vicoli della Napoli eterna esultandone le bellezze. Il secondo video nasce da un gioco fonetico, dove la tragedia di  una terra avvelenata diventa la “Terra dei cuochi”..ovvero dell’accoglienza e della buona tavola. Durante l’esposizione è stato presentato il suo catalogo artistico “L’ingannevole splendore della materia” Edizione Rogiosi Editore.